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09 Febbraio 2023 08:30

Uganda: non rinnoverà il mandato dell’ufficio ONU per i diritti umani

Uganda: non rinnoverà il mandato dell’ufficio ONU per i diritti umani

L’Uganda ha dichiarato che non rinnoverà il mandato dell’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani nel Paese dell’Africa orientale, invocando lo sviluppo di una propria capacità sufficiente a monitorare il rispetto dei diritti.

In una lettera inviata dal Ministero degli Affari Esteri ugandese all’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR), il 3 febbraio scorso, il governo dello Stato africano ha indicato come motivo principale della sua decisione i progressi compiuti dall’Uganda nello sviluppo di una capacità interna di monitoraggio dei diritti umani. 

Come ha riportato Reuters, nel documento è stato affermato che “a questo proposito, dato il forte impegno dell’esecutivo per la promozione e la protezione dei diritti umani, la pace prevalente in tutto il Paese e la presenza di forti istituzioni nazionali per i diritti umani e di una società civile con la capacità di monitorare la promozione e la protezione dei diritti umani in tutto il Paese, il Ministero degli Affari Esteri desidera comunicare la decisione del governo di non rinnovare il mandato dell’ufficio nazionale dell’OHCHR in Uganda oltre il termine attuale”. 

Secondo l’amministrazione ugandese, la nazione ha istituzioni sufficienti e forti, così come la società civile, per monitorare la situazione dei diritti umani nel Paese. Ha poi aggiunto che “il governo continuerà a collaborare con la sede dell’OHCHR, direttamente o attraverso la sua Missione permanente a Ginevra”. In questo scenario, le prossime elezioni in Uganda si terranno nel 2026 ed è stato previsto che l’attuale presidente ugandese,Yoweri Museveni, cercherà di ottenere un altro mandato, anche se non ha ancora indicato se si candiderà. 

L’amministrazione Museveni è stata criticata negli anni dall’opposizione, dagli attivisti per i diritti umani e dai Paesi occidentali per varie violazioni dei diritti, tra cui torture, detenzioni illegali ed esecuzioni extragiudiziali di oppositori e critici. Tuttavia, i funzionari hanno negato quasi tutte le accuse e hanno affermato che “tutte le forze di sicurezza coinvolte in abusi dei diritti sono state debitamente punite”. Nel dicembre 2022, Museveni ha comunicato ad Al Jazeera che “un certo numero di arresti era dovuto ad alcuni errori nel gestire male le persone mentre venivano arrestate, ma abbiamo corretto questi sbagli”. 

Al potere dal 26 gennaio 1986, il capo di Stato ugandese è salito in carica dopo una lunga guerriglia durata sei anni, dal 6 ottobre 1980 al marzo 1986. In seguito agli emendamenti costituzionali che hanno eliminato i limiti di mandato per il presidente, ha potuto candidarsi ed è stato eletto leader nelle elezioni generali del 2011, 2016 e 2021. L’opposizione e i critici lo hanno accusato di preparare il figlio, un generale dell’esercito del Paese africano, a prendere il suo posto. Museveni ha ripetutamente negato di averlo fatto. 

In questo contesto, la guerra di Bush ugandese, nota anche come guerra Civile o di Resistenza, è stata un conflitto civile combattuto nel territorio dell’Africa orientale dal governo ufficiale dell’Uganda e dal suo braccio armato, l’Esercito di Liberazione Nazionale dell’Uganda (UNLA), contro una serie di gruppi ribelli, soprattutto l’Esercito di Resistenza Nazionale (NRA). L’ex presidente ugandese, Milton Obote, fu rovesciato con un colpo di Stato nel 1971 dal generale Idi Amin, che instaurò una dittatura militare. 

Amin fu destituito nel 1979 a seguito della guerra tra Uganda e Tanzania, ma i suoi fedelissimi diedero inizio alla guerra di Bush lanciando un’insurrezione nella regione del Nilo occidentale nel 1980. Le elezioni successive videro Obote tornare al potere in un esecutivo retto dall’UNLA. Diversi gruppi di opposizione sostennero che le elezioni erano state truccate e si unirono nel NRA sotto la guida di Museveni per iniziare una rivolta armata contro il governo il 6 febbraio 1981.

Il NRA ha conquistato Kampala, la capitale dell’Uganda, nel gennaio 1986. Successivamente istituì un nuovo governo con l’attuale presidente in carica, mentre l’UNLA si disintegrò completamente nel marzo 1986. Nonostante la fine nominale della guerra civile, numerose fazioni e milizie ribelli anti-NRA sono rimaste attive e hanno continuato a combattere il governo di Museveni nei decenni successivi.

In uno scenario di conflitto, l’ufficio dell’OHCHR in Uganda è stato istituito nel 2006 e, secondo l’amministrazione ugandese, inizialmente era autorizzato a concentrarsi solo sulle questioni relative ai diritti umani nelle aree del Nord e del Nord Est dell’Uganda, afflitte da diverse contese. In seguito, nel 2009, è stato autorizzato a coprire il resto del Paese. 

Nel febbraio 2020, il mandato dell’ufficio è stato ulteriormente ampliato per includere la creazione di un centro regionale di formazione sui diritti umani in Uganda, per fornire attività di formazione sul sistema internazionale dei diritti umani ai funzionari governativi degli Stati interessati della regione, nonché alle istituzioni nazionali per i diritti umani e alle organizzazioni della società civile. A tal riguardo, attivisti hanno condannato la decisione del governo ugandese di chiudere l’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani del Paese, definendola “vergognosa”.

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