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20 Ottobre 2025 13:38

Iran annuncia fine ufficiale dell’accordo sul nucleare del 2015

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Iran annuncia fine ufficiale dell’accordo sul nucleare del 2015epa12444587 Iranians take part in a pro-Palestine rally in Tehran, Iran, 10 October 2025. EPA/ABEDIN TAHERKENAREH

L’Iran ha annunciato la fine ufficiale del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), l’accordo sul nucleare concluso il 14 luglio 2015 con Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Unione europea. Teheran ha dichiarato, il 18 ottobre, che tutte le restrizioni imposte al suo programma nucleare sono da considerarsi terminate. L’intesa prevedeva la rimozione delle sanzioni internazionali in cambio di severe limitazioni alle attività nucleari iraniane.

In particolare, il Ministero degli Esteri iraniano ha rilasciato una nota nella quale ha affermato che da ora in poi “tutte le disposizioni dell’accordo del 2015, comprese le restrizioni sul programma nucleare iraniano e i meccanismi correlati, sono considerate terminate”. Nonostante questa posizione, Teheran ha sottolineato con fermezza il suo impegno verso soluzioni diplomatiche. La data del 18 ottobre, denominata “termination day”, era stata fissata dieci anni dopo l’adozione della Risoluzione 2231 del 20 luglio 2015, in cui il JCPOA era stato approvato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

L’intesa è stata largamente inapplicata per anni, ben prima della sua scadenza naturale prevista per il 18 ottobre. L’8 maggio 2018, il presidente statunitense, Donald Trump, si è ritirato unilateralmente dall’accordo, provocando le critiche dei suoi alleati europei e ripristinando le sanzioni contro Teheran. Il presidente statunitense aveva espresso più volte il suo dissenso verso il patto firmato dal suo predecessore, Barack Obama, ed era stato scoraggiato da parte di Israele dall’intraprendere iniziative diplomatiche simili. In seguito al ritiro americano, Teheran ha iniziato a intensificare progressivamente il proprio programma nucleare.

I tentativi europei di rilanciare l’accordo sono falliti, e le incursioni aeree condotte contro l’Iran da Israele e dagli Stati Uniti tra il 13 e il 25 giugno hanno minato le speranze di una ripresa. Dopo la guerra di 12 giorni, che ha colpito anche siti nucleari iraniani causando oltre 1.000 vittime tra cui centinaia di civili e miliardi di dollari di danni, il Parlamento iraniano ha approvato una legge per rifiutare la cooperazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), l’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite. Il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, ha firmato il 10 luglio una normativa che sospende ogni forma di collaborazione con l’agenzia, spingendo gli ispettori a lasciare il Paese.

Tale decisione ha portato tre dei firmatari, il Regno Unito, la Germania e la Francia, ad attivare il 28 agosto il cosiddetto processo di “snapback”, che ha comportato la reintroduzione delle sanzioni Onu. La clausola di snapback consente il ripristino rapido e automatico di tutte le sanzioni Onu che erano state rimosse nell’ambito dell’accordo qualora l’Iran violasse in modo significativo i suoi impegni nucleari.

Il Ministero degli Esteri iraniano ha dichiarato che le sanzioni reimposte il 28 settembre attraverso il meccanismo non hanno validità legale e ha invitato tutti i Paesi a ignorare le nuove misure restrittive. Il Ministero degli Esteri iraniano ha pubblicato una dichiarazione sui social media accusando i tre Paesi europei di aver agito “sotto pressione e provocazione americana” nell’avviare il meccanismo di snapback, nonostante i loro “persistenti e significativi fallimenti nel rispettare gli impegni del JCPOA”. Teheran ha definito l’azione come “una grave inadempienza” e ha accusato le parti europee di aver agito “in malafede”, analogamente agli Stati Uniti, che si sono unilateralmente ritirati dall’accordo nucleare l’8 maggio 2018.

Il direttore del progetto Iran dell’International Crisis Group, Ali Vaez, ha affermato che sebbene l’accordo nucleare fosse “senza vita” da anni, lo snapback lo ha “ufficialmente sepolto”, con “il suo destino infelice che continua a gettare un’ombra sul futuro”. Secondo un’esperta dell’Arms Control Association, Kelsey Davenport, il termination day è “relativamente privo di significato a causa dello snapback”.

I ministri degli Esteri britannico, francese e tedesco hanno rilasciato il 28 settembre una dichiarazione congiunta nella quale hanno affermato che continueranno a cercare “una nuova soluzione diplomatica per garantire che l’Iran non ottenga mai un’arma nucleare”. L’alto rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha sostenuto che le sanzioni “non devono rappresentare la fine della diplomazia” e che “una soluzione sostenibile alla questione nucleare iraniana può essere raggiunta solo attraverso negoziati”. Le tre potenze europee hanno annunciato la settimana scorsa che cercheranno di riavviare i colloqui per trovare un “accordo completo, duraturo e verificabile”. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha dichiarato il 5 ottobre che Teheran non vede “alcuna ragione per negoziare” con le potenze europee, dato che hanno attivato il meccanismo di snapback.

Anche Trump, parlando al Parlamento israeliano il 13 ottobre, ha espresso la volontà di raggiungere un’intesa con la Repubblica Islamica nel momento in cui Teheran si dimostrerà disponibile. L’Iran ha risposto il 14 ottobre affermando che l’appello è incoerente con le azioni di Washington, riferendosi agli attacchi contro le strutture nucleari iraniane del giugno scorso. Il Ministero degli Esteri iraniano ha rilasciato una dichiarazione affermando che “il desiderio di pace e dialogo espresso dal presidente statunitense è in contrasto con il comportamento ostile e criminale degli Stati Uniti verso il popolo iraniano”.

L’Iran ha ripetutamente dichiarato di rimanere aperto alla diplomazia con gli Stati Uniti, a condizione che Washington offra garanzie contro azioni militari durante eventuali negoziati. Secondo Vaez, “l’Iran rimane scettico sull’utilità di un coinvolgimento con gli Stati Uniti data la sua storia con il presidente Trump, mentre Washington cerca ancora un accordo massimalista”.

I governi occidentali e Israele accusano da tempo l’Iran di cercare di acquisire armi nucleari, un’accusa che Teheran respinge, sostenendo che il suo programma è focalizzato sull’energia e su scopi civili. Né i servizi segreti statunitensi né l’IAEA hanno affermato quest’anno di aver trovato prove che l’Iran stesse perseguendo armi atomiche. L’agenzia ha tuttavia descritto la sua incapacità di verificare le scorte nucleari iraniane come “una questione di seria preoccupazione”.

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